Il “paziente speciale” in odontoiatria richiede al professionista operatore tempi e modalità di intervento differenti da quelli utilizzati nella pratica professionale quotidiana. Questo perché la persona da curare si trova in una condizione intellettiva e/o sensoriale e/o fisica tale da ridurne anche drasticamente la propria autonomia e capacità di collaborazione. Ognuno di noi può diventare, anche solo transitoriamente, un paziente speciale, a seguito di un trauma, un intervento chirurgico, una malattia che insorge, una terapia farmacologica, oppure solo per gli effetti sul nostro organismo dell’età che avanza.
Sulla base della capacità di collaborazione e dell’autonomia del soggetto, ha suddiviso i pazienti speciali in quattro gruppi.
Il primo riguarda le persone collaboranti e autonome, ma in condizioni di salute che necessitano precauzioni da porre in atto. La tempistica di lavoro può essere la stessa, ma l’organizzazione di alcune tipologie di intervento a volte richiede uno spazio e una equipe attrezzata al trattamento delle possibili complicanze. È il caso di gravi dismetabolismi, cardiopatie, patologie respiratorie e della circolazione sanguigna, allergie, di tutte quelle affezioni che diminuiscono la capacità di resistenza del fisico alle conseguenze delle terapie.
Se sei un paziente che molti dentisti “non si prendono la responsabilità” di curare, finalmente hai trovato il posto giusto.
Stati di immunodeficienza;
Cardiopatie;
Diabete;
Patologie oncologiche ed ematologiche in trattamento con radioterapia o chemioterapia;
Emofilia o altri disturbi dell’emocoagulazione;
Malattie allergiche;
Soggetti in attesa di trapianto o post-trapianto;
Pazienti in terapia anti-aggregante, con bifosfonati o anticorpi monoclonali.
Tutte queste condizioni cliniche presso lo studio dentistico Barbagallo sono trattate con la massima tranquillità e garantendo elevati standard di sicurezza.
Il secondo gruppo vede la presenza di persone autonome, ma scarsamente collaboranti. È il caso di pazienti odontofobici, dei cosiddetti “bambini difficili”. Condizione che può impegnare l’equipe operatoria nelle sue capacità psicologiche.
Il terzo gruppo è costituito dalle persone non autonome, sia collaboranti che scarsamente collaboranti. Sono coloro che non possono badare da sole alla salute della propria bocca e che dipendono da un caregiver. Si è voluto evidenziare questo gruppo poiché, anche se a volte l’operatività alla poltrona non ha significative differenze, nella realizzazione di un piano di prevenzione personalizzato e nella valutazione delle soluzioni terapeutiche diventa fondamentale la formazione da effettuare ai caregiver del paziente e il controllo del mondo in cui questo è inserito: famiglia, comunità, casa-famiglia, ospedale.
Il quarto gruppo è costituito dai pazienti “non collaboranti”. Sono persone diversamente abili con condizioni psichiche e/o fisiche che non consentono in condizioni di veglia di poter operare nella cavità orale. A volte non consentono neanche l’esecuzione di una prima visita. In questo gruppo rientrano forme di grave autismo, psicosi, schizofrenia, ma anche forme spastiche con presenza di movimenti non controllati, scosse tonico-cloniche. Questi pazienti per l’effettuazione delle cure necessitano di sedazione profonda o narcosi.
Come deve essere approntata la prima visita?
La prima visita deve consentirci di comprendere il grado di autonomia e collaborazione del paziente, lo stato di salute generale e il contesto sociale in cui svolge la propria vita. È necessario redigere una cartella clinica; per la fragilità sanitaria che accompagna tali pazienti questa deve consentirci di avere in evidenza i farmaci che il paziente usa, eventuali patologie associate, le specifiche condizioni di vita, e ciò per consentirci di monitorare il percorso di salute che andiamo a proporre. È necessario ascoltare i familiari e/o i caregiver e capire chi ha titolo a fornire il consenso informato alle cure.
Ritiene che troppo di sovente si tenda a definire non collaborante un paziente che invece, con le dovute modalità di approccio e competenze professionali, potrebbe essere gestito in tutta sicurezza?
Troppi pazienti definiti non collaboranti sono solo persone che richiedono uno spazio, un tempo, una preparazione professionale e una equipe di lavoro capace di interagire e superare gli ostacoli, vorrei dire che richiedono semplicemente un po’ di affetto e di comprensione in più.
È opportuno conseguire una preparazione specifica anche per acquisire una capacità di “gestione psicologica” del paziente, il quale va attentamente monitorato poiché nel tempo può modificare il suo grado di collaborazione e/o autonomia.
A proposito di compliance tra odontoiatra e paziente speciale cosa possiamo dire ?
Più che di compliance parlerei di empatia dell’odontoiatra, la necessità di sviluppare la capacità di “incontrare” il paziente,
saperlo ascoltare, capire, essergli vicino. Spesso un diversamente abile, un bambino difficile, necessita più di una carezza, un abbraccio, un sorriso, un bacio, che di parole.
Quando bisogna ricorrere alla narcosi o alla sedazione profonda?
Quando abbiamo la necessità di proteggere il paziente dalla sua incapacità a collaborare.
Quando una persona per motivi psichici o fisici non è nelle condizioni di poter mantenere la bocca aperta,
rimanendo ferma per un tempo adeguatamente lungo e in relazione alle terapie di cui necessita, la narcosi o la sedazione profonda si rendono necessarie.